È una notte buia e tempestosa. Rubo l’incipit al romanzo mai scritto di Snoopy, il bracchetto di Schulz. L’aria intorno ha odore di pioggia e i miei pensieri fanno un gran rumore in testa. Non riesco a dormire. Domani è per me una giornata importante, un incontro importante.
In piedi, davanti alla libreria, scruto con attenzione i volumi. Letto, non letto, forse letto o da rileggere al più presto. Queste le mie categorie di selezione. In serate particolarmente malinconiche la scelta giusta è, senza dubbio, Craig Thompson. Fumettista statunitense, classe 1975, è un’artista dalla spiccata sensibilità, capace di leggerti una storia e farti sentire meno incasinato. Le sue graphic novels non atterriscono con fiabeschi scenari, ma, nonostante il lieto fine, fanno battere il cuore. Senza regalare inutili perle di ottimismo, i personaggi di Thompson soffrono, pensano, sbagliano, amano: vivono! E lo fanno in un mondo maledettamente normale, assurdo, balordo, proprio come il nostro, come il mio. Ho divorato i suoi lavori, definiti spesso freddamente dalla critica solo come “alternativi”, praticamente un qualcosa di diverso, che per pigrizia si colloca su una dimensione vaga e nebulosa. Stasera io ho proprio bisogno di Thompson e nulla può scaldarmi l’anima più di Blankets, la graphic novel del 2003, avvolgente e unica in quanto a sensibilità. Si legge volentieri e resta nel cuore.
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